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Viaggio a Babele: le lingue locali del Monregalese

Viaggio lingue locali Monregalese
Viaggio tra le lingue locali del Monregalese – Nella foto: “La Goj d’esse a Mondvì”: un nome in lingua monregalese per la fontana nel centro di Mondovì Breo, opera dello scultore Sergio Unia

Monregalese: un concentrato di lingue

Turisti di tutto il mondo, armatevi di scarponi, di smartphone e soprattutto di orecchie aperte. Se venite nel Monregalese vivrete un’esperienza indimenticabile. In pochi posti al mondo (tranne forse la Papua-Nuova Guinea) potrete incontrare così tante lingue diverse in così pochi chilometri quadrati.

Non solo italiano, ma tante lingue sorelle

Ma come – direte voi – non siamo in Italia? Non si parla italiano, qui? E certo, tutti parlano italiano. I giovani poi parlano quasi solo quello. Ma c’è una serie di altre lingue da ascoltare, in questa zona, e sono tutte molto diverse le une dalle altre. Ogni paese ne ha, per così dire, una sua. Sono quelle che tradizionalmente qui in Italia vengono chiamate “dialetti”: ma è un termine ingannevole, sembra che siano varietà di italiano mentre in realtà sono proprio altre lingue, tutte però – come l’italiano – nate da un unico antenato, il latino.

Tante lingue con un padre illustre

E così cominciate subito a togliervi dalla testa strane idee. Se in qualche valle vi dicono: «Uh, qui parliamo celtico» oppure «Sa che qui parliamo arabo?» permettetevi pure una bella risata. Non è vero niente. Tutti gli abitanti del Monregalese (a parte gli immigrati, ovviamente) parlano lingue neolatine. Magari stranissime, magari con evoluzioni che non vi permetteranno mai di risalire all’origine latina delle parole che usano; ma sempre lingue neolatine sono. L’unica eccezione è la lingua neo-indiana dei Sinti, gli zingari piemontesi, di cui qui non parleremo.

Piemontese e piemontesi

È una lingua neolatina il piemontese, ad esempio. E siccome qui siamo in Piemonte, vi verrà da pensare che tutti parlino piemontese. La cosa è vera ed è falsa allo stesso tempo. Se per piemontese intendiamo quella lingua illustre, usata da tutti i sudditi dell’antico Regno di Sardegna per comunicare con i funzionari torinesi, beh allora diciamo che ormai questa lingua comune (la «koiné piemontese») la conoscono in pochi. Per paradosso, gli unici che parlino una roba che le assomiglia sono proprio i Sinti, quando non usano la loro lingua neo-indiana.

Le lingue della Bisalta

Però ci sono zone del Monregalese dove si parla un dialetto che in qualche modo le assomiglia, anche se con caratteristiche tutte sue: la Valle Pesio, la zona di Peveragno hanno dialetti che (come il bovesano) possono essere considerati «alto-piemontesi», cioè strettamente imparentati con il cuneese e quindi con il torinese. Anche se con fenomeni tutti particolari, come la negazione <gnan> o  <gnen> al posto del cuneese <nen>.

Il monregalese: certi suoni che nemmeno immagini…

Ma basta scendere a Pianfei o scollinare in valle Ellero e già ci si trova davanti al tipo dominante della zona: il monregalese. Che è un tipo di piemontese molto diverso: ha suoni che altrove non esistono (per esempio c’è una erre simile a quella dell’inglese o dell’albanese, che viene riprodotta con il segno <ř>), ha parole tutte sue, un modo tutto suo di coniugare i verbi, e una cadenza del tutto diversa. In monregalese quello che in torinese è làit, nell’area cuneese lèit o lèt , diventa lacc ‘latte’, tanto per citare un esempio. Poi, va beh, il dialetto di Mondovì città nel corso del Novecento si è modificato in senso italiano e così molti dicono lat; ma basta uscire nelle campagne (a Pianfei, a Rocca de’ Baldi, a Vicoforte, che ne so) per sentire le forme autentiche di monregalese rustico. Se invece ci si sposta verso la Langa o verso Ceva, il dialetto assume caratteri appunto più langaroli, come è giusto che sia, ma senza perdere del tutto le caratteristiche monregalesi.

Nelle alte valli monregalesi. Oltre ogni immaginazione

Se ci si dirige verso le valli, però, allora c’è da impazzire di curiosità. Le basse valli hanno dialetti di tipo monregalese rustico o cebano, o un mix delle due forme: c’è già qualche <š> e <ž> in più che ricorda il ligure (la cipolla da <siola> comincia a diventare <sciola>: la <o> si legge u), i termini cambiano, ma niente di incredibile. Il dialetto di Montaldo, reso famoso nel mondo dalle poesie di Remigio Bertolino, dopo tutto suona ancora abbastanza familiare a uno di Mondovì. Il dialetto di Mombasiglio può essere facilmente capito da un cebano come da uno di Frabosa Sottana, anche se certo gli suonerà un po’ diverso.  Ci saranno infatti un sacco di dittonghi molto aperti: di <sàiřa> ‘di sera’ splenderanno ovunque le <štàiře>, ‘le stelle’. La negazione che in monregalese come in piemontese è <nen> comincerà a diventare <nent>, <nèint> o <nàint>.

Mi? No, kié!

Ma arrampicatevi alla testata delle valli ed entrerete in un mondo fatato. Se raggiungete la parte più alta delle valli Ellero, Maudagna e Corsaglia, ad esempio, vi troverete immersi in un paesaggio sonoro fra i più interessanti dell’intero mondo neolatino. In tutta l’Italia del nord per dire ‘io’ si usa <mi>. Ma lì no! Lì usano <kié>. Gli unici altri a usarlo sono quelli di Valdieri, in valle Gesso. Ma a Valdieri parlano occitano. Quindi anche nelle nostre valli si parla occitano? Bella domanda. Il kié, che forse sarebbe meglio chiamare monregalese alpino, ha tante cose come l’occitano: il cane che dalle altre parti è <can> qui diventa <cian>, la vacca non è <vaca> ma <vacia>, il gallo il <gial> e i capelli i <ciabei>, perché anche le <p> e le <b> si conservano come in occitano; e però non sempre, e d’altra parte i plurali in –s dell’occitano qui non compaiono nemmeno per scherzo, e quanto a dittonghi il kié non ha niente da invidiare al mombasigliese o al pamparatese: <fřòid> ‘freddo’, < štòiře> ‘stelle’ e così via, mentre in occitano sarebbero <frét>, <estélas>, per cui dire che qui si parla occitano suona un po’ bizzarro. Ma d’altronde non è nemmeno un dialetto piemontese a tutti gli effetti, o se lo è lo è in modo molto strano. Forse perché, secondo alcuni, conserva fasi del monferrino antico, ma antico proprio tanto!

Liguri? No. Piemontesi? Neanche.

Altrettanto strani, da un punto di vista piemontese, i dialetti che trovate alla testata delle valli Casotto e Mongia, dove ormai le consonanti si comportano come in ligure e più si dice <ciù>, quando piove <o cieuv> e il latte è <gianch>, non <bianch> come dalle altre parti. Ma questi dialetti (che gli studiosi chiamano alto-monregalesi, e che sono spesso molto affini a quelli alto-langaroli) non sono ancora veramente liguri.

Dove il Piemonte sa già di mare (ma anche di grano saraceno)

Se volete trovare qualcosa di ligure in senso strong, dovete arrampicarvi lungo la val Tanaro e arrivare a Garessio. Quello sì, è ligure. Un ligure particolare, certo: ma bianco è <gianco> (ricordo che si legge giancu, con la –u), andato è <andàu> e così via. Dalla Colla di San Bernardo, d’altra parte, il mare è proprio a due passi; e una frazione di Garessio, Cerisola, praticamente si affaccia su Albenga…

E Ormea? Beh, Ormea è un caso a parte. Ligure, per carità; ma ligure molto a modo suo. Elencare qui tutte le particolarità dell’ormeasco richiederebbe una tesi di laurea, ma certo alcune balzano agli occhi (anzi, agli orecchi) a un primo ascolto: gli infiniti in –òa, ad esempio, catòa ‘comprare’, balòa ‘ballare’ ecc.

L’infinito. Ma non c’entra Leopardi

A proposito di infiniti: il piemontese ha come propria caratteristica tipica l’infinito in –é. Caté, balé, ecc. I dialetti monregalesi anche, tutti: sia quello di Mondovì città, sia quelli rustici, sia quelli alto-monregalesi (che per questo sono molto piemontesi e per niente liguri). Quelli verso le Langhe hanno –è aperta: catè, balè. Poca differenza. Ma i dialetti della val Pesio hanno –à: catà, balà. Il monregalese alpino (kje) ha –ò: catò, balò, e così anche il garessino che però è già ligure. Ma i micro-dialetti quasi estinti che stanno fra il kje e il garessino (Valdinferno) possono avere –é, -òj, -ò.… nello stesso parlante e a seconda delle circostanze. Un ribollire di forme veramente affascinante.

Oltre Ormea, quasi val Roya

Mica è finita. Dopo aver soggiornato una settimana a Ormea per sentirli parlare, fareste bene a risalire ancora la valle Tanaro: troverete un’altra varietà ancora diversa, il brigasco, la stessa lingua che si parla in Francia a La Brigue e nelle sue frazioni. Ah, è francese allora? Macché. Beh, sarà occitano? Neanche. È roiasco, cioè un tipo di ligure particolare con molti termini occitani ma con fenomeni fonetici tipicamente liguri (non tutti, però).

Arrivati alla testata della Valle Tanaro – che in realtà ormai lassù si chiama valle del Negrone – fate una bella cosa: un trekking mozzafiato attraverso le Alpi Liguri intorno al Marguareis per ridiscendere in valle Pesio e ricominciare il giro da capo. Fosse mai che vi è sfuggita qualche sillaba…

Viaggio a Babele: le lingue locali del Monregalese

Per saperne di più

  • Bertolino, Remigio (2012), La “scuola monregalese” di poesia, in Duberti, Nicola – Miola, Emanuele, a cura di (2012), Alpi del mare tra lingue e letterature. Pluralità storica e ricerca di unità, Edizioni Dell’Orso, Alessandria, pp. 3-15
  • Bertolino, Remigio – Duberti, Nicola (2006), Piccola antologia della poesia monregalese. Petite anthologie de la poésie de Mondovi, Ël Pèilo, Mondovì
  • Billò, Ernesto – Comino, Carlo – Duberti Nicola (2003), Paròle nòstre. Il dialetto ieri e oggi nei paesi del Monregalese, CEM, Mondovì
  • Cugno, Federica – Rivoira, Matteo – Ronco, Giovanni (2018), Piccolo  atlante linguistico del Piemonte. Vol. 1, Istituto dell’Atlante Linguistico Italiano, Torino
  • Duberti, Nicola (2011), Il dialetto alto-langarolo di Mombarcaro: per una prima definizione di una subarea dialettale di transizione, in Carena, Claudio, Mangia negia. Storie e parole di Mombarcaro, CEM, Mondovì, pp. 7-12: https://www.academia.edu/4151430/Il_dialetto_di_Mombarcaro
  • Duberti, Nicola (2014), I costrutti causativi in una varietà galloitalica pedemontana: il dialetto di Rocca de’ Baldi (Cuneo), Lincom Europa, München
  • Duberti, Nicola (2016), Appunti di piemontese, https://www.academia.edu/27623977/Appunti_di_piemontese_pdf
  • Duberti, Nicola (2017), L’Alta Val Tanaro: inquadramento linguistico, https://www.academia.edu/5755976/Alta_Val_Tanaro
  • Duberti, Nicola (2019), Gioco e ritmo in Carlo Regis. L’alchimia linguistica  e musicale di un poeta piemontese, in «Ricognizioni. Rivista di lingue letterature e culture moderne», II-2019, VI, pp. 35-42: https://www.ojs.unito.it/index.php/ricognizioni/issue/view/330
  • Duberti, Nicola – Miola, Emanuele, a cura di (2012), Alpi del mare tra lingue e letterature. Pluralità storica e ricerca di unità, Edizioni Dell’Orso, Alessandria
  • Duberti Nicola – Regis Riccardo (2014), Standardizzazione toponomastica in aree di confine: il caso di Roccaforte Mondovì, in Finco, Franco – Iannàccaro, Gabriele (a cura di), Nomi, luoghi, identità. Toponomastica e politiche linguistiche, Società Filologica Friulana, Udine, pp. 107-140: https://www.academia.edu/4019449/Standardizzazione_toponomastica_in_aree_di_confine
  • Miola, Emanuele (2013), Innovazione e conservazione in un dialetto di crocevia. Il kje di Prea, Franco Angeli, Milano
  • Regis, Riccardo (2006), Il monregalese tra le varietà pedemontane: alcuni spunti di riflessione, in Bertolino, Remigio – Duberti, Nicola (2006), Piccola antologia della poesia monregalese. Petite anthologie de la poésie de Mondovi, Ël Pèilo, Mondovì, pp. 11-25
  • Regis, Riccardo (2012), Centro/periferia, Torino/Mondovì in Duberti Nicola – Miola, Emanuele, (a cura di), Alpi del mare tra lingue e letterature. Pluralità storica e ricerca di unità, Edizioni Dell’Orso, Alessandria , pp. 85-106: https://www.academia.edu/4007477/Centro_periferia_Torino_Mondov%C3%AC
  • Regis, Riccardo (2018), Appunti linguistici su “Le poisìe dla cantaran-a” in Carlo Dardanello, Le poisìe dla cantaran-a, Primalpe, Cuneo, pp. 7-22: https://iris.unito.it/retrieve/handle/2318/1686941/467161/Regis_Appunti%20linguistici.pdf
  • Regis, Riccardo – Duberti, Nicola (2014), Tra Alta Langa e Alpi Monregalesi: percorsi, limiti e prospettive di varietà marginali, in Balbis, Giannino – Toso, Fiorenzo (a cura di), L’alta Val Bormida linguistica. Una terra di incontri e di confronti, CZ Edizioni, Genova, pp. 85-116: https://iris.unito.it/handle/2318/149655
  • Tesio, Giovanni – Bertolino, Remigio (1991), I poeti di Mondovì, Amici di Piazza – Edizioni “Ël Pèilo”, Mondovì
  • Tesio, Giovanni (1991), La periferia necessaria. Da Carlo Baretti a Remigio Bertolino, in Tesio, Giovanni – Bertolino, Remigio (1991), I poeti di Mondovì, Amici di Piazza – Edizioni “Ël Pèilo”, Mondovì, pp. 9-23
  • Tesio, Giovanni (2012), La periferia necessaria dei poeti monregalesi, in Duberti, Nicola – Miola, Emanuele, a cura di (2012), Alpi del mare tra lingue e letterature. Pluralità storica e ricerca di unità, Edizioni Dell’Orso, Alessandria, pp. 151-157
  • Toso, Fiorenzo (2012), L’area di contatto ligure-piemontese e la “zona grigia” delle vallate monregalesi, in Duberti, Nicola – Miola, Emanuele, a cura di (2012), Alpi del mare tra lingue e letterature. Pluralità storica e ricerca di unità, Edizioni Dell’Orso, Alessandria, pp. 159-172
  • Wikipedia, sub voce dialetto monregalese: https://it.wikipedia.org/wiki/Dialetto_monregalese
  • Wikipedia, sub voce kje: https://it.wikipedia.org/wiki/Kje Wikipedia, sub voce Monregalèis: https://pms.wikipedia.org/wiki/Monregal%C3%A8is
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